I cavoletti di Bruxelles sono una pianta di origine nord Europea, diffusa soprattutto nei paesi scandinavi e in Benelux, prendono il nome infatti dalla capitale del Belgio dove pare sia stata selezionata questa curiosa varietà di cavolo che in Italia è ancora poco coltivata.

Si tratta di una pianta della famiglia delle crucifere o brassicacee e il nome scientifico dei cavoletti è oleracea bullata gemmifera.

broccoletti di bruxelles

Questo ortaggio è molto interessante da far crescere nell’orto, sarà curioso coltivarlo se siete abituati ai classici cavoli di origine italiana (cappuccio o verza). Il cavolino o broccoletto che si mangia assomiglia al cavolo cappuccio ma in scala miniaturizzata, con teste di diametro intorno ai tre centimetri. La sua coltivazione è simile a quella degli altri cavoli per molti aspetti.

La pianta dei cavoletti di Bruxelles sviluppa un fusto alto anche un metro, dove alla base delle celle si formano dei grumoli ascellari sferici che sono appunto i cavolini che vengono poi raccolti e cucinati. Una pianta produce 30 o 40 germogli, per cui risulta ben produttiva.

Clima e terreno ideali per la coltivazione

Clima. Essendo una pianta di origine settentrionale il cavolino di Bruxelles ama i climi freschi, con estati non troppo aride e calde, anche se non sopporta inverni troppo rigidi, in Europa viene spesso coltivata in serra. Consigliamo di coltivare i cavoletti di Bruxelles negli orti del nord Italia, o comunque delle zone dove l’estate resta abbastanza fresca. Al sud dove le temperature sono torride occorre pensare come ombreggiarli perché la pianta non patisca l’eccessiva calura.

Terreno. I broccoli di Bruxelles hanno bisogno di azoto e potassio nel terreno, molto importante la lavorazione: il compost o il letame deve essere ben maturo, e il terreno smosso in profondità per permettere alle radici di penetrare bene e all’acqua di defluire senza ristagni.

Come e quando seminare i cavoletti

Semina. I cavoletti si possono seminare tra aprile e agosto tenendo conto un ciclo colturale intorno ai 4 mesi, il mese ideale in genere è giugno. Sono tra i cavoli più esigenti come temperature (non resistono al freddo intenso ma patiscono anche troppo il calore), per questo è importante “centrare” il momento della semina e quello del trapianto, consigliamo di metterli in semenzaio usando contenitori alveolati. Di solito tra luglio e inizio agosto si procede al trapianto delle piantine di cavolini.

Sesto di impianto. Le piantine di cavoletti di Bruxelles si mettono a circa 50 cm di distanza l’una dall’altra, spesso si fanno file lontane tra loro 70 cm, su cui si mettono le piantine a 40 cm tra loro.

Le varietà. Ci sono diverse varietà di cavoletti che potete mettere nell’orto, alcune più precoci altre più tardive. Significativa anche la differenza tra varietà nane e cultivar molto produttivi.

La coltivazione nel dettaglio

cavolini o broccolettiOperazioni colturali. I cavoletti di Bruxelles vanno innaffiati di frequente dopo il trapianto e moderatamente a pianta ben radicata. La pacciamatura aiuta a diminuire le annaffiature e tener umida la terra, oltre a tenere a bada le erbacce. Se non si pacciama i cavolini vanno coltivati con frequenti sarchiature manuali nella loro aiuola, col duplice scopo di eliminar le erbacce e tener aerato il terreno. La pacciamatura è una buona idea anche per questa coltivazione. Quando la pianta inizia a sviluppare i capolini può esser buona regola rincalzarla alla base del fusto, per dargli stabilità. Dove il sole picchia molto può servire usare reti ombreggianti per evitare che il caldo eccessivo faccia soffrire la pianta dei cavoletti.

Cimatura. Se si vuole favorire l’ingrossarsi dei grumoli si può a fine stagione tagliar la cima della pianta e privarla di parte delle foglie, lasciando solo quelle apicali. In questo modo la pianta può concentrare i suoi sforzi sui cavoletti. La cima della pianta capitozzata è commestibile (si coltiva come fosse un cavolo cappuccio).

Coltivazione in vaso. I cavoletti di Bruxelles si possono coltivare anche sul balcone, il consiglio è di scegliere varietà nane che arrivano a 60/70 cm di altezza e sono comodamente gestibili nella coltura in vaso.

Malattie. Il cavoletto di bruxelles è soggetto all’alternaria, alla peronospora, ai marciumi basali (rhizoctonia e sclerotinia) e all’ernia del cavolo. Per combattere queste malattie funginee si può usare in agricoltura biologica un trattamento a base di rame, può essere utile a contrastarle anche il decotto di equiseto. Oltre ai funghi i cavolini temono alcune batteriosi come Erwinia Carotovora e Xanthomas.

Parassiti ed insetti. Come tutti i cavoli anche quelli di Bruxelles sono attaccati da afidi, elateridi, altica, nottue, cavolaie e mosche del cavolo. Contro le larve (nottue e cavolaia) viene utile il bacillus thuringensis e l’olio di neem, per difendere l’orto dagli afidi vi abbiamo spiegato tutto qui, mentre contro l’altica si può usare il piretro.

Avvicendamento e consociazione. I cavolini di Bruxelles non devono tornare sul loro stesso terreno o sul terreno di altri cavoli per minimo due anni, seguono benissimo i legumi (come piselli, fave o fagioli) che arricchiscono il terreno con l’azoto. Ci sono alcuni ortaggi amici dei cavoletti perché la loro presenza allontana la cavolaia: si tratta di pomodori, sedano, rosmarino e salvia, sono un’ottima consociazione.

Raccogliere e cucinare i cavolini di Bruxelles

Raccolta. In generale la pianta dei cavoletti ha un ciclo di quattro mesi. La raccolta di cavoletti di Bruxelles è scalare, avviene una volta all’anno e dura in genere due settimane. Le varietà precoci possono iniziare a dar frutto ad agosto mentre se si prendono cavolini più tardivi è possibile raccoglierli anche a dicembre (temperature permettendo). Una breve gelata migliora il sapore di questo ortaggio. Si raccolgono i capolini quando raggiungono almeno i tre cm di diametro, in modo che siano croccanti e teneri insieme.

In cucina. I cavoletti di Bruxelles non si mangiano crudi, sono un ottimo contorno che si può fare in padella, bollito oppure gratinati al forno.

pianta dei cavolini

Articolo di Matteo Cereda

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