gian carlo cappelloGian Carlo Cappello coltiva senza usare nessun prodotto, neppure organico e senza lavorare il terreno, i risultati sono sorprendenti. Ma soprattutto a partire dall’orto Gian Carlo racconta un cambiamento possibile, testimoniato da esperienze concrete di coltivazione condivisa, come quella dell’orto di Angera, e propone una visione del mondo diversa, lontana dal denaro e dalle logiche individualiste della nostra società.

Abbiamo fatto una chiacchierata molto interessante che vi riportiamo qua di seguito.

L’intervista a Gian Carlo Cappello


Matteo OdC:
Nel tuo libro parti dall’esperienza dell’orto di Angera, ci racconti come è nata?

Gian Carlo Cappello: Al di là di quello che dirò nelle prossime righe, il contenuto del libro è molto pratico e spiega anche come agire nell’orto per realizzare una coltivazione naturale: gestione delle erbe spontanee e dell’irrigazione, della terra, formazione della copertura vegetale, scelta delle semine, delle piantagioni e via dicendo. Sono approdato all’orto di Angera dopo un lungo percorso di coltivazione sperimentale, a Roma e in varie parti della Sicilia. Angera è una tappa, ora oltre a quello ci sono tanti altri orti nei dintorni, tutti fondati sugli stessi princìpi. D’altronde gli orti naturali coltivati in condivisione in Italia sono ormai decine. Ho scelto di prendere a pretesto l’orto di Angera perché a differenza degli altri è piccolo e si trova nel mezzo di un parco giochi nel centro del paese, cosa assai singolare! L’incontro con il Sindaco di Angera è stato casuale, ma credo di aver dato corpo alle sue idee, almeno a giudicare dal commento che ho poi trascritto all’inizio del libro. Ogni volta che lo rileggo mi tocca corde profonde.

Matteo OdC: Si inizia a parlare di “Metodo Cappello”. Quali sono le particolarità del tuo sistema di coltivazione dell’orto? In che rapporto ti poni rispetto a permacultura e orto sinergico?

Gian Carlo Cappello: La particolarità è …nella difficoltà che spesso incontro di comprenderne la semplicità! Il cambiamento di mentalità è fondamentale: l’interventismo che è al centro di ogni approccio, anche quelli che hai riportato, in agricoltura nasce non dalla reale necessità della terra, ma dal retaggio di una cultura rurale dove la paura di una fame atavica viene ad arte sollecitata dagli interessi economici impropri dell’agroindustria e della politica dei finanziamenti. Se non hai un trattore la terra non produce, se non distribuisci concimi, diserbanti, pesticidi …idem! Poi guardi il primo passerotto che passa e vedi che nel becco ha tutto quello gli serve, fornito direttamente dalla Natura. La terra, così com’è, fornisce tutto il cibo che ci serve se la lasci lavorare senza interventi significativi. I rendimenti al mq. degli orti naturali sono superiori a quelli dell’agroindustria, ma a costo zero e senza inquinamento, anzi! Il punto debole dei princìpi permaculturali è l’adozione di forme di coltivazione interventiste, quindi “lineari” (per usare il linguaggio dei permacultori) invece che ciclici. Credo profondamente nei principi espressi dalla permacultura e il “Metodo Cappello” è permanent culture al 100%, ma i troppi interessi economici che gravano sulle istituzioni create attorno alla permacultura ne hanno sclerotizzato gli sviluppi. Le forme di coltivazione insegnate nei corsi che danno accesso al “diploma di permacultore”: agricoltura rigenerativa, orto sinergico e biodinamico, food forest in particolare, sono dei veri e propri vicoli ciechi. Il fatto che siano attualmente diffusi non cambia la realtà, d’altronde anche l’agroindustria è diffusa in tutto il Pianeta ma non per questo sta nel giusto. Sono per il dialogo, quindi se ne può parlare serenamente in qualsiasi momento con gli amici delle istituzioni “permaculturali”.

Matteo OdC: Il tuo libro si intitola “La civiltà dell’orto”: con le tue esperienze non ti limiti a proporre un metodo di coltivazione, c’è la proposta di uno stile di vita diverso, un’idea di comunità. In che senso coltivare l’orto oggi può essere un gesto rivoluzionario?

Gian Carlo Cappello: Vivo dell’essenziale per scelta, riducendo l’uso del denaro – in entrata e in uscita – ormai quasi a zero. Eppure non mi manca nulla perchè dal mio lavoro negli orti e dalla divulgazione nascono scambi di beni e servizi che sostituiscono il denaro. Non pensare al baratto, credo che soppesare il valore del prodotto del lavoro per scambiarlo con qualcos’altro di equipollente sia riduttivo e irrispettoso. La società che preconizzo è fatta di scambio di tutto con tutto, in assenza di denaro. Se domattina puff sparissero i soldi non solo non moriremmo affatto di fame e di stenti, ma avremmo accesso al benessere vero che nasce da questo tipo di scambio generalizzato, dove l’accumulo a scapito della comunità e dell’ambiente, consentito dal denaro, non avrebbe senso.

Matteo OdC: Un consiglio veloce a chi sta per iniziare a fare un orto e parte da zero.

Gian Carlo Cappello: Non abbiate paura di spingere all’estremo la ricerca della serenità interiore, poi entrate nell’orto, fate un bel respiro e scoprirete che nella nostra natura interiore c’è esattamente la stessa capacità del passerotto di trovare nella Natura attorno a noi tutto il cibo che ci serve. Così comincia la coltivazione dell’orto veramente naturale.

Matteo OdC: Cosa vuol dire: “investimento zero”?. Non si deve comprare nulla per
cominciare a coltivare un orto naturale grande, magari di un ettaro?

Gian Carlo Cappello: Quando sei all’aria aperta guardati intorno, Matteo. Non puoi comprare
il Sole e la sua forza primaria, la pioggia, l’aria, la vita nel sottosuolo, gli elementi minerali che vi si trovano in abbondanza, l’erba che cresce spontanea e tutta la vita che ruota attorno a te, umani compresi. Ecco: quelli sono i tuoi strumenti di lavoro! Però, come ho detto all’inizio, oltre agli aspetti formativi per la persona il mio libro da’ anche tutte le nozioni pratiche per avviare e coltivare l’orto secondo Natura. Grazie dell’accoglienza.

Un grande ringraziamento a Gian Carlo per il tempo che ci ha dedicato in questa intervista.

Intervista di Matteo Cereda

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