La piralide del mais è un insetto appartenente all’ordine dei lepidotteri, capace di arrecare danni al mais, da cui il nome, ma anche a diversi altri ortaggi.

Per tenere sotto controllo la piralide è importante prima di tutto imparare a riconoscere i sintomi, per identificare la presenza del parassita. Occorre anche sapere qualcosa sul suo ciclo biologico, per contrastarla nel modo giusto.

piralide del mais

Vedremo qui di seguito riconoscimento e lotta alla piralide, tramite tecniche di prevenzione e trattamenti ammessi in agricoltura biologica, senza bisogno di insetticidi aggressivi.

Il ciclo biologico della piralide

Il nome scientifico della piralide del mais è Ostrinia nubilalis, e si tratta, come anticipato, di un lepidottero, ovvero una farfalla. Come molto spesso accade nel caso degli insetti di questo ordine, anche questa piralide compie danni quando è nella sua fase di larva. La larva, infatti, lunga circa 2 cm, erode i tessuti vegetali cibandosene.

attrezzi della stihl

La larva di piralide sverna nei campi di mais all’interno dei tutoli, ovvero lo “scheletro” della spiga, quella che comunemente chiamiamo pannocchia (la vera pannocchia del mais è invece quella che viene definito “pennacchio”, ovvero l’infiorescenza maschile in cima alla pianta) e nelle parti basali dei culmi rimasti in campo.

In questo modo, alla successiva primavera si incrisalida, ovvero passa allo stadio intermedio tra quello giovanile e quello adulto, e poi verso la fine di maggio diventa una farfalla vera e propria, di colore marrone chiaro e di 2,5-3 cm di apertura alare. L’adulto così sviluppato depone le sue uova sulla pagina inferiore delle foglie e sui culmi. L’insetto compie due generazioni all’anno.

Quali coltivazioni danneggia

Le specie maggiormente attaccate dalla piralide del mais sono:

  • Mais: è l’ospite preferito dalla piralide, cuipuò attaccare le foglie ancora giovani e il culmo, ovvero lo stelo della pianta, che si indebolisce internamente a causa delle erosioni, e può così spezzarsi facilmente col vento. Le larve della seconda generazione invece sono a carico delle spighe e delle cariossidi, determinando un calo diretto della produzione.
  • Peperone: gli attacchi ai frutti di peperone e di peperoncino piccante avvengono soprattutto a settembre. Le larve di seconda generazione penetrano nei frutti causandone la marcescenza, almeno di parte di essi.
  • Fagiolo e fagiolino: Le larve della piralide scavano gallerie nei baccelli, e nascono da uova deposte sulle foglie. I danni possono essere piuttosto consistenti.
  • Asparago: occasionalmente la piralide può colpire anche questa specie, di solito tra agosto e settembre, soprattutto se l’asparagiaia si trova vicino a dei campi di mais, che viene raccolto in quel periodo. La larva scava le sue gallerie nei fusti delle piante di asparago, ma in genere i danni su questa coltura sono leggeri e non giustificano trattamenti. Conviene tenere pulita l’asparagiaia dalle piante infestanti, possibili veicoli di spostamento degli insetti.
  • Cardo e carciofo: anche queste due colture occasionalmente vengono attaccate dalle larve della piralide, e anche in questi casi succede se le colture si trovano vicino a campi di mais i cui steli stanno disseccando, spingendo gli insetti a spostarsi altrove e a ricercare altre piante ospiti.

Prevenire gli attacchi della piralide

Prevenire gli attacchi della piralide nell’orto è relativamente semplice, in assenza di colture di mais nei paraggi. Se invece si è circondati da campi coltivati con questa coltura, l’attenzione dovrà essere molto alta durante l’estate, soprattutto sugli ortaggi particolarmente soggetti a danno, come il peperone.

Saranno necessarie ispezioni costanti, e nel caso di attacchi frequenti e massicci, pensare per tempo a coprire le aiuole di questi ortaggi da reti escludi insetto.

Nel caso di coltivazione amatoriale del mais, per proteggerlo da questo insetto diventano fondamentali due note misure preventive:

  • Rotazioni colturali ampie: sullo stesso appezzamento è bene non far tornare il mais per 3 anni, e non metterlo in rotazione con peperoni né fagioli, ma con altre specie non suscettibili.
  • Distruzione ed eliminazione dei residui colturali: essi possono infatti essere, come visto sopra, i siti di svernamento delle larve, pertanto è buona cosa asportali con cura dal terreno e compostarli mescolandoli bene con tanti altri scarti vegetali. Nel dubbio che le larve poi svernino nel compost, converrà non utilizzare proprio quel compost per la successiva coltura di mais o degli ortaggi attaccabili.
  • Scegliere varietà di mais resistenti agli attacchi dell’insetto.

Trattamenti bio contro la piralide

Contro la piralide del mais si possono impiegare prodotti a base di Bacillus thuringiensis kurstaki, adatti alla difesa contro molti lepidotteri nocivi, come la piralide, e ammessi in agricoltura biologica. Si tratta di prodotti particolarmente selettivi, che risparmiano gli insetti innocui, e pertanto sono senza dubbio da preferire. Per l’efficacia del trattamento, bisogna leggere attentamente e rispettare tutte le indicazioni riportate sull’etichetta del prodotto commerciale.

La lotta biologica col lancio del Trichogrammabrassicae

Per contrastare la piralide del mais si può intervenire anche con insetti utili, in particolare Trichogrammabrassicae è un insetto dell’ordine degli imenotteri utilizzato con successo nella lotta biologica alla piralide.

Di recente sono state condotte prove di lanci dic apsule contenenti uova dell’insetto parassitoide tramite i droni voltanti sui campi di mais. L’insetto, della lunghezza di appena 0,5 mm, è un parassitoide della piralide. L’adulto depone le sue uova all’interno di quelle della piralide, che vengono così parassitizzate e uccise. Si calcola che, tramite il lancio con i droni, nell’arco di circa 2 minuti ad ettaro, le coltivazioni di mais ricevono dall’alto le capsule con le uova in modo omogeneo, senza necessità di entrare in campo con attrezzi che potrebbero danneggiare la coltura già alta.

Chiaramente la lotta biologica vera e propria, così descritta, ha senso solo per estensioni aziendali e non per una piccola coltivazione privata, in cui il parassitoide si disperderebbe facilmente oltre la coltura che vogliamo che protegga, ma certamente è interessante conoscere questa possibilità.

Articolo di Sara Petrucci, illustrazioni di Marina Fusari.