Nella nostra introduzione alla permacultura abbiamo fatto una panoramica su questo metodo di progettazione: abbiamo cercato una definizione e parlato delle etiche che stanno alla base dell’approccio. Ora andiamo ad approfondire i principi guida individuati da Mollison e Holmgren, fondatori della permacultura, che avevamo soltanto citato nel post precedente.
Scopriremo cinque dei principi che Bill Mollison ha incluso nel suo fondamentale Permacultura, Manuale di progettazione, e i 12 principi individuati da David Holmgren nel libro Permacultura. Principi e percorsi oltre la sostenibilità.
Dopo questo discorso teorico sarà interessante vedere come questi punti si possano declinare nella pratica concreta, sarà oggetto del prossimo articolo. In ogni caso in ognuno dei principi che troverete in questo articolo sono racchiusi spunti importanti per chiunque, in particolare per chi si approccia nel quotidiano alla natura tramite la gestione di uno spazio coltivato.
Indice dei contenuti
- I principi di permacultura di Bill Mollison
- I 12 principi di Holmgren
- 1- Osserva e interagisci
- 2 – Cattura e immagazzina energia
- 3 – Ottieni un raccolto
- 4 – Applica l’autoregolamentazione e accetta feedback
- 5 – Usa e valorizza le risorse rinnovabili
- 6 – Non produrre rifiuti
- 7 – Progetta dai modelli ai dettagli
- 8 – Integra anziché segregare
- 9 – Usa soluzioni piccole e lente
- 10 – Usa e valorizza la diversità
- 11 – Usa i bordi e valorizza il margine
- 12 – Usa la creatività e rispondi al cambiamento
- Conclusioni e Ripartenze
- Bibliografia essenziale
I principi di permacultura di Bill Mollison
Bruce Charles “Bill” Mollison (1928 – 2016) è stato un ricercatore, autore, scienziato, insegnante e biologo australiano. È stato definito fondatore e “padre” della permacultura, che come abbiamo visto non è una semplice pratica agricola ma un sistema integrato di progettazione ecologica e ambientale concepito come una forma di agricoltura perenne e sostenibile.
Leggendo Permaculture. A Designers’ Manual, possiamo renderci conto della visione d’insieme di Mollison, che definisce i principi di progettazione permaculturali passando per passaggi tra scienza e filosofia ed elencazione di leggi dei sistemi naturali. In particolare parte dal concetto di entropia (in termodinamica è una funzione di stato che può essere usata come misura del grado di disordine di un sistema) e dal suo stato contrario: la sintropia. Usa anche la struttura del mito per descrivere come atti inutili e distrazioni inconsapevoli provochino catastrofi e sofferenze.
Detto così può sembrare complesso, ma elencando alcuni punti fondamentali di Mollison possiamo comprendere meglio le logiche che guidano questi principi, sarà ancora più chiaro quando passeremo ad applicazioni pratiche nel prossimo post. A chi vuole approfondire andando alla radice delle riflessioni di Mollison consigliamo la lettura del suo manuale, in coda all’articolo troverete i riferimenti.
- Lavora con la natura piuttosto che contro. Osserva gli elementi naturali, le forze che insistono sul territorio, i processi e le evoluzioni. Sostieni ciò che succede piuttosto che ostacolare gli sviluppi. In un ambiente naturale, l’erba lascia lentamente il posto agli arbusti che infine cedono il passo agli alberi. Noi possiamo sostenere attivamente questa successione naturale non tagliando le erbe spontanee e le pioniere, ma usandole per fornire microclimi, nutrienti e protezione. Seguendo l’agricoltura convenzionale si opera spesso contro la natura, un esempio evidente sono i pesticidi, con cui distruggiamo gli insetti che riteniamo nocivi, ma anche i loro predatori. Col procedere del tempo ci saranno insetti sempre più resistenti ai pesticidi stessi e la quantità di veleno da utilizzare sarà sempre maggiore o più aggressiva. Tutto ciò entrerà nel nostro corpo, attraverso il cibo.
- Il problema è la soluzione; entrambi i modi funzionano. È solo come vediamo le cose che le rende vantaggiose o meno. Tutto può essere risorsa positiva, dipende solo da noi capire come utilizzarla come tale. Una specifica caratteristica di un sito può essere definita dal progettista come un problema, ma anche come un aspetto che porta a diverse soluzioni praticabili. Generalmente una caratteristica diventa problema quando noi decidiamo di imporre un modello che soverchia o interferisce con l’esistente.
- Apporta il minimo cambiamento per il massimo effetto possibile.
- Il raccolto di un ecosistema è teoricamente illimitato. L’unico limite al numero di usi possibili di una risorsa, all’interno di un sistema, è nel limite delle informazioni e dell’immaginazione del progettista.
- Tutto “fa giardinaggio” o ha un effetto sul suo ambiente.
I 12 principi di Holmgren
David Holmgren (1955) è un designer ambientale, educatore ecologico e scrittore australiano, allievo di Bill Mollison. Permaculture One, pubblicato insieme a Mollison nel 1978, è l’evoluzione del manoscritto preparato per la sua tesi di laurea. Nel 2002 ha pubblicato il suo principale lavoro, Permaculture: Principles and Pathways beyond Sustainability, dove ha operato una sistematizzazione più profonda e più accessibile dei principi di progettazione, perfezionati in oltre venticinque anni di pratica. Principles and Pathways offre dodici principi chiave di progettazione ed è considerato un importante punto di riferimento nella letteratura sulla permacultura.
1- Osserva e interagisci
Osservare il paesaggio e i processi naturali che lo trasformano è fondamentale per ottimizzare l’efficienza di un intervento umano e minimizzare l’uso di risorse non rinnovabili e di tecnologia. L’osservazione deve essere accompagnata dall’interazione personale.
Osservando abbiamo soprattutto l’opportunità di porre domande e cercare così le risposte nell’ambiente in cui siamo. Dove siamo? Quali sono le forze che insistono sul sito a cui dare attenzione mentre progettiamo? Acqua, vento, fuoco, sole, suolo, clima, vegetazione, fauna selvatica, topografia, persone… Sono alcuni degli elementi che fanno parte delle nostre osservazioni. A proposito delle persone e dell’interazione: “Come si chiama il nostro vicino?”, “Quanti anni ha?”, “Di che esperienze e conoscenze è portatore?”
2 – Cattura e immagazzina energia
L’energia non è solo elettricità. Ad esempio, l’acqua immagazzinata rappresenta energia potenziale per l’irrigazione delle colture future. La biomassa di un bosco rappresenta un deposito vivente di materiali da costruzione, carburante, sostanze nutritive e acqua. I sistemi di energia alternativa possono trasformare il vento, il sole e l’acqua che scorre in energia elettrica o in calore. Quindi questo principio ci dà la direttiva per catturare e far crescere eccedenze nel nostro sistema. Bill Mollison diceva: “Se puoi fare una cosa sola, immagazzina la pioggia.”.
3 – Ottieni un raccolto
Questo principio promuove l’autosufficienza e ci dice che dobbiamo progettare e realizzare per raccogliere dal nostro sistema di Permacultura. Infatti non si può lavorare a stomaco vuoto. Questo riguarda sia le colture orticole che gli alberi. Qual è la posizione migliore per piantare? Quale ci restituirà più “rendimento”? Possiamo piantare qualcosa che ci dia frutto invece di una pianta solo ornamentale?
Ma, la resa non è solo cibo: può essere materiale da costruzione, combustibile, legno, nettare per le api che daranno il miele. In ogni caso, avere un sacco di cibo che cresce attorno a noi è una vera sicurezza!
4 – Applica l’autoregolamentazione e accetta feedback
Questo principio ci esorta a vivere in modo semplice e consapevole, a limitare i nostri consumi e le nostre emissioni. È una nostra responsabilità, nel momento in cui osserviamo le etiche della Permacultura e ci prendiamo cura della Terra e delle persone. Accettare il feedback è un aspetto fondante della progettazione ricorsiva: significa imparare dai nostri successi e dai nostri errori per riprogettare e ri-realizzare scelte migliori, mentre impariamo cosa funziona e cosa no.
5 – Usa e valorizza le risorse rinnovabili
Le risorse rinnovabili sono quelle che si rigenerano con uno sforzo modesto. Potrebbe significare piantare un frutteto a valle di un bosco, per trarre vantaggio dalla deriva di nutrienti e acqua che si sposta continuamente giù per la collina. Potrebbe essere il vento che ci aiuta a tirare su l’acqua da un pozzo. L’utilizzo di risorse rinnovabili è la chiave per la creazione di stabilità: nel tentativo di apprendere dal mondo naturale e replicarlo, dovremmo considerare che raramente un ecosistema naturale utilizza tutte le sue risorse fino a lasciare un paesaggio impoverito e inutilizzabile.
6 – Non produrre rifiuti
Cosa è un rifiuto? Qualsiasi cosa che noi definiamo come tale! Applicando questo principio di progettazione, ogni scarto di un processo è energia per un altro.
Se integriamo coltivazione di ortaggi e animali, le deiezioni di questi ultimi sono nutrimento per il suolo. I fusti degli ortaggi che non consumiamo sono compostabili. Possiamo pulire e riciclare l’acqua che usiamo in cucina e anche nel bagno, se abbiamo l’accortezza – per esempio – di usare saponi privi di tensioattivi, schiumogeni, coloranti, profumi sintetici. Come? Basta imparare a fare il sapone, una delle cose più semplici che ci sia! Dobbiamo e possiamo lottare contro l’obsolescenza programmata, riparando attrezzature rotte e riutilizzando oggetti con scopi diversi. Quante cose utili e belle si possono realizzare con i pallets?
Le 5 R dei Rifiuti – Riduzione, riuso, riciclo, raccolta e recupero – diventano le 5 R della Rinascita.
7 – Progetta dai modelli ai dettagli
Questo è un principio davvero importante. Significa che prima dobbiamo studiare il clima, la topografia, i bacini idrografici, l’ecologia e ottenere una visione d’insieme di come possiamo interagire con la terra in modo rigenerativo. Le nostre decisioni di progettazione si baseranno su questo. Ad esempio: se comprendiamo come si muove l’acqua nel terreno che coltiviamo, possiamo canalizzarla e indurla a portare beneficio alla coltivazione (questo ci può far pensare: è sempre la scelta più vantaggiosa avere un terreno perfettamente in piano?). In un terreno collinare si lavora con le curve di livello (isoipse) per scavare fossi livellari (swales) che rallentino l’acqua e le permettano di permeare il terreno e ricaricare la falda. Il dettaglio del posizionamento di uno swale si basa sul modello generale del flusso d’acqua nel paesaggio.
8 – Integra anziché segregare
Questo principio afferma che più le relazioni tra le parti del sistema sono forti, più produttivo e più resiliente diventa il sistema stesso. Se abbiamo vicini tra loro un orto, uno spazio di pascolo per poche galline e un sistema di raccolta dell’acqua piovana, gli elementi interagiscono tutti tra loro: l’orto dà mangime per le galline, le galline vivono in un piccolo pollaio con il tetto a falda, da questo tetto raccogliamo acqua, le galline bevono e poi producono pollina. Che torna all’orto. Tutto ciò vale anche nelle relazioni all’interno di una comunità: la cooperazione può dare di più rispetto agli sforzi di più singoli. Più mani rendono il lavoro più leggero.
9 – Usa soluzioni piccole e lente
I sistemi piccoli e lenti sono più facili da mantenere rispetto a quelli grandi, fanno un uso migliore delle risorse locali e producono risultati più sostenibili. La lumaca è piccola e lenta, porta la sua casa sulla schiena e può ritirarsi per difendersi quando minacciata. La tartaruga della favola di Esopo ci insegna che “partendo in tempo”, lenta e costante vince la corsa sulla veloce e presuntuosa lepre. Il proverbio “più sono grandi, più cadono duramente” ci ricorda gli svantaggi dell’eccessiva dimensione e crescita.
Per avere un terreno fertile è meglio comprare un grosso sacco di concime, da spargere subito o affidarsi a piccoli semi di trifoglio e dargli il tempo di crescere?
Per produrre reddito è meglio fare monocultura che erode il suolo anno dopo anno o piantare degli alberi da frutta?
La vecchia catasta di legna può diventare suolo fertile se inoculiamo funghi commestibili?
Questi sono solo degli esempi del gioco a lungo termine, usando il principio di progettazione piccolo e lento.
10 – Usa e valorizza la diversità
Questo è uno dei miei principi di progettazione preferiti. La diversità è uno degli aspetti chiave della permacultura. Vogliamo conservare diversi habitat nativi e rendere ricchi i nostri habitat umani con l’abbondanza di molti elementi produttivi. David Holmgren dice: “La diversità riduce la vulnerabilità a una serie di minacce e si avvantaggia dell’unicità naturale dell’ambiente in cui risiede.”.
Essenzialmente questo significa abbandonare l’idea dei classici orti a file, ognuna di una sola verdura. E per esempio, coltivare a bancali ed aiuole dove vivono vicini diversi ortaggi.
Se c’è biodiversità diminuisce il rischio di attacchi parassitari e fungini in grado di distruggere una coltura. Le cimici arrivano in massa quando hanno tanti pomodori vicini da attaccare. La cavolaia non sopporta l’odore del pomodoro ed è per questo che i due ortaggi possono essere coltivati insieme. Gli essudati radicali e gli oli essenziali delle piante aromatiche e dei fiori allontanano insetti nocivi. Attraggono impollinatori che fanno proliferare le nostre verdure.
Quest’anno, il freddo di maggio, in quasi tutta Italia, ha determinato una diminuzione degli insetti impollinatori. Ho letto sui social di ortaggi che dai fiori non portavano frutti. Be’, da noi ha fatto freddino davvero (per essere maggio), ma la presenza di fiori e aromatiche ha attratto api in abbondanza e il problema non ci ha minimamente toccato. C’è voluto solo un po’ più di tempo.
Se si ha la possibilità, l’orto non dovrebbe essere uno spazio a sé stante, ma integrato in un sistema con alberi da frutta, siepi, bordure, stagni…
La diversità è da coltivare anche nei mezzi che utilizziamo: rispetto all’acqua noi utilizziamo bidoni, una cisterna di raccolta dell’acqua piovana e ora abbiamo “trovato” nella proprietà anche un pozzo.
Ancor di più, la diversità è da usare e valorizzare nel rapporto con le persone: i nostri due vicini sono diversissimi da noi e ci stanno insegnando molto.
La diversità è quindi a tutti gli effetti resilienza: se una parte del nostro sistema fallisce, ce ne sono altre che prospereranno.
11 – Usa i bordi e valorizza il margine
Le siepi hanno molte funzioni: possono rallentare i venti, creare ombreggiamento, attrarre insetti impollinatori. Possono darci cibo se sono a frutto commestibile. Creano dei micro habitat che pullulano di vita e di riflesso danno sostegno alle nostre coltivazioni. Una siepe di bambù, opportunamente contenuta, può donare materiale da costruzione. Se è vicina a una fonte d’acqua darà più biomassa di quanto si possa immaginare.
I margini meritano un discorso a sé. Quando due ambienti si incontrano, creano una zona che ha caratteristiche di entrambe le provenienze. Una zona più umida e una più secca, vicine per spazio, che si fondono una nell’altra, possono creare un habitat misto che ci permette di raccogliere frutti dati dalle due caratteristiche diverse. La fertilità sta nel margine.
Questo vale anche nelle relazioni, pensiamo a due persone diverse che si incontrano, ognuna con il proprio bagaglio di esperienza, di conoscenza e di cultura. Se tra loro condividono, tutto ciò diventa patrimonio comune e la coppia formata è ricca più dei due individui.
12 – Usa la creatività e rispondi al cambiamento
Avere una visione è vedere le cose non per come sono, ma per come saranno. Per comprendere il cambiamento abbiamo bisogno di andare oltre una visione lineare e adottare un pensiero circolare. D’altronde l’orto non si basa tutto sulla ciclicità?
Il ciclo di vita di una coltura, da seme a seme. L’avvicendarsi delle colture nel suolo. La costituzione del suolo stesso che si genera dalla decomposizione di materiali organici, vegetali e animali, morti.
La creatività è qualcosa a cui possiamo allenarci, un’alleata preziosa che ci propone soluzioni fuori da schemi stantii, un comportamento che ai più può apparire azzardato e che porta ad affacciarsi su diverse vie, talvolta meno battute.
Conclusioni e Ripartenze
Ma, se siete arrivati a leggere fino a qui, vuol dire che siete sulla strada del cambiamento. Si dice che la Permacultura sia la strada possibile per salvare un pianeta che sta soffrendo.
Di questo si tratta: un cammino, da percorrere insieme, per imparare ad avere un impatto positivo sull’inevitabile cambiamento, osservando attentamente e intervenendo al momento giusto.
Quindi non ci resta che far diventare azione i principi della Permacultura. Nel prossimo articolo vedremo applicazioni pratiche dei principi di permacultura: attraverso l’ausilio di fotografie vi mostrerò come si sta strutturando e sta crescendo il Centro di Permacultura urbana di Rivalta Torinese, nell’ambito del progetto Permaculture Training.
Bibliografia essenziale
Abbiamo trattato un tema complesso come la progettazione e questo inevitabilmente ci porta a sintetizzare e selezionare. Vi abbiamo presentato la punta dell’iceberg. Se quest’articolo vi è piaciuto l’invito è ad andare alla fonte e riscoprire il pensiero di Mollison e Holmgren. Ecco i testi da cui partire e con cui approfondire il tema.
- Bill Mollison, Reny M. Slay, Introduzione alla permacultura, Terra Nuova Edizioni, 2007
- Bill Mollison, David Holmgren, Permaculture One: A Perennial Agricultural System for Human Settlements, Tagari Publication, 1978; in italiano Permacoltura. Un’Agricoltura Perenne per gli Insediamenti Umani, Libreria Editrice Fiorentina, Collana Quaderni d’Ontignano, 1992
In questo articolo faccio sempre riferimento a:
- Bill Mollison, Permaculture. A Designers’ Manual, Tagari Publication, 1988. In Italia MEDIPERlab – Laboratorio di Permacultura Mediterranea ha curato la traduzione del testo originale in lingua italiana. Permacultura. Manuale di Progettazione è disponibile contattando l’APS Laboratorio di Permacultura Mediterranea su info@mediperlab.com.
Per approfondire i 12 principi di Holmgren invece:
- David Holmgren, Permaculture: Principles and Pathways Beyond Sustainability, 2a ed., Permanent Publications, 2010; in italiano Permacultura. Come progettare e realizzare modi di vivere sostenibili e integrati con la natura, 2a ed., Arianna Editrice, 2014.
Articolo di Alessandro Valente
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