Il motocoltivatore permette di meccanizzare diverse operazioni agricole, per la sua versatilità è un attrezzo molto diffuso non solo in agricoltura professionale, ma anche per orti familiari, dove viene impiegato soprattutto per la preparazione del terreno.

Al motocoltivatore si possono applicare diversi accessori, il più conosciuto e utilizzato è senza dubbio la fresa, che per molti ortisti rappresenta la principale preparazione autunnale dell’orto. Ma siamo sicuri che fresare sia sempre la cosa giusta per ottenere un buon suolo?

motocoltivatore bertolini

In foto: motocoltivatore Bertolini

Scopriamo insieme come preparare il terreno nel migliore dei modi, anche facendosi aiutare dal motocoltivatore per fare meno fatica. Vedremo quali sono gli errori da non commettere e scopriremo che oltre alla fresa ci sono altre applicazioni interessanti per questo mezzo. Qui parleremo di accorgimenti a livello agronomico, ricordiamoci però anche che nell’uso della fresa è importante prendere le dovute precauzioni di sicurezza.

Fresare il terreno: pregi e difetti

La tipica lavorazione che viene eseguita nell’orto è la fresatura.

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La fresa è un applicativo standard del motocoltivatore e si tratta di un attrezzo meccanico pensato per smuovere il terreno. Agisce tramite un movimento rotante ad asse orizzontale, che aziona una serie di lame (i coltelli della fresa).

coltelli della fresa

L’azione dei coltelli consiste nel rompere le zolle e rimescolare lo strato superficiale del suolo. In questo modo si ottiene una superficie del terreno omogenea e fine, operando una distruzione meccanica delle erbe infestanti presenti, che lascia un letto di semina regolare.

Accanto a questi aspetti apparentemente positivi, fresare comporta anche dei problemi che è importante conoscere.

Problemi della fresa

La fresatura porta con sé tre problematiche:

  • La suola di lavorazione. I coltelli della fresa ruotano in orizzontale e quando arrivano alla loro massima profondità hanno un’azione battente. Con ripetuti passaggi questo forma uno strato sotterraneo compatto, chiamato suola. Noi lavoriamo il terreno allo scopo di renderlo drenante, ma la suola di lavorazione crea un dannoso ristagno d’acqua proprio sotto la superficie.
  • Rimescolamento della stratigrafia del suolo. Il terreno è popolato da microrganismi essenziali per la vita delle piante. Alcuni di questi amano vivere più in profondità, altri hanno bisogno di ossigeno e devono invece stare vicini alla superficie. Il passaggio della fresa danneggia questi microrganismi perché porta sotto la parte superficiale del suolo e viceversa espone all’aria il terreno più profondo.
  • Destrutturazione del terreno. Il terreno fresato appaga l’occhio per quanto è fine e regolare, tuttavia l’azione di polverizzare eliminando ogni granulosità può essere negativa per molti terreni. Un terreno argilloso troppo fine si compatta facilmente al calpestamento o con l’effetto battente delle piogge. In poco tempo può formarsi una crosta superficiale asfittica.

Valorizzare la fresa

fresatura

Presa consapevolezza dei suoi difetti, la fresa non deve essere demonizzata. Si tratta di uno strumento che usato nel modo giusto può permetterci di risparmiare fatica in alcune importanti operazioni dell’orto.

Gli errori che non dobbiamo commettere sono:

  • Pensare alla fresa come unica lavorazione. Molti coltivatori amatoriali ritengono sufficiente lavorare la terra unicamente con la fresa, sarebbe importante invece arrivare più a fondo (con un ripuntatore se vogliamo impiegare mezzi meccanici, con forca vanga o grelinette su minori estensioni).
  • Fresare troppo in profondità. La fresa può aiutarci a gestire lo strato più superficiale del suolo, mentre andando più a fondo l’effetto sulla stratigrafia ha maggior impatto negativo.
  • Fresare troppo spesso. Una fresatura frequente forma la suola di lavorazione e al tempo stesso polverizza la superficie.
  • Fresare nelle condizioni climatiche sbagliate. Il terreno deve essere fresato solo quando si trova in tempera, ossia nella giusta condizione di umidità. Fresare un terreno troppo bagnato è difficoltoso e porta un pessimo risultato, ma anche un suolo completamente asciutto

Alcuni lavori che possiamo fare con la fresa:

  • Incorporare il concime.
  • Preparare un letto di semina fine, utile in particolare per semi piccoli da seminare a spaglio.
  • Interrare il sovescio. La tecnica di concimazione verde del sovescio prevede di interrare la biomassa ottenuta.

Bisogna ricordare anche che non tutti i motocoltivatori sono uguali: importante scegliere attrezzi ben studiati, che nella forma nei coltelli e nella possibilità di regolazione ci consentano di svolgere i vari lavori correttamente.

Alternative alla fresa

Al contrario della motozappa, che è composta da una fresa semovente, il motocoltivatore si può usare non solo per la fresatura, ma consente anche alternative interessanti.

Tramite presa di forza si possono applicare svariati strumenti, e questo rende il motocoltivatore un attrezzo molto versatile. Abbiamo già elencato una gamma di accessori utili, ora ci concentriamo su quelli che vengono impiegati nella lavorazione preparatoria del terreno.

Bisogna precisare che se la fresa viene offerta di serie su tutti i motocoltivatori applicare altri meccanismi complessi, come un aratro rotativo oppure una motovanga può risultare problematico. Per questo è importante avere un motocoltivatore affidabile, per meccanica e potenza, dotato di un sistema di aggancio alla presa di forza ben studiato. Ad esempio Bertolini oltre a proporre accessori propri porta avanti collaborazioni con produttori di applicativi quali aratro rotativo e motovanga, in modo da offrire una compatibilità tra accessorio e motocoltivatore.

Aratro rotativo

La fresa agisce con una rotazione su asse orizzontale, l’aratro rotativo invece ha un asse quasi verticale, che consente di evitare l’effetto suola e anche di andare a lavorare più a fondo.

Anche in superficie il risultato dell’aratro rotativo si presenta decisamente differente: nella fresatura le zolle vengono sollevate e ricadono tra i coltelli che le distruggono completamente, il rotativo rompe la zolla ma poi spara di lato la terra processata, mantenendo una certa granularità, che è in genere preferibile.

aratro rotativo

Motocoltivatore Bertolini con aratro rotativo

Anche l’aratro rotativo è un attrezzo che impatta sugli equilibri del terreno alterandone la stratigrafia, per cui il suo impiego deve tenerne conto, ma decisamente meno rispetto alla fresatura, inoltre dal punto di vista della struttura fisica del suolo però fa un lavoro davvero interessante.

Il fatto che il rotativo sposti la terra di lato può anche essere usato nel realizzare bancali rialzati oppure per scavare piccoli fossi, tramite ripetuti passaggi.

Abbiamo realizzato un video in cui possiamo vedere il confronto tra fresa e aratro rotativo.

Vangatrice per motocoltivatore

La vangatrice è un macchinario molto indicato per la preparazione del terreno in agricoltura biologica. Le lame che movimenta tagliano il terreno entrando in verticale e si limitano a dissodare, senza rivoltare la zolla e senza creare una suola di lavorazione.

In genere le vangatrici sono macchine agricole di maggior dimensione, ma esistono anche versioni su scala ridotta, applicabili al motocoltivatore tramite la presa di forza, richiedono comunque un motore molto potente e affidabile.

Coltivatore a denti fissi

coltivatore a denti fissi

Se la vangatrice e l’aratro rotativo sono attrezzi complessi, che si agganciano alla presa di forza, il coltivatore a denti fissi è invece uno strumento molto semplice. Si tratta di una serie di denti a uncino che vengono trainati dal motocoltivatore, andando a rompere lo strato più superficiale del terreno.

Svolge quindi un lavoro di erpice, che è utile per sarchiature ed è ideale per approcciare terreni sassosi o pieni di radici.

La non lavorazione

Finora abbiamo parlato di come lavorare il terreno, è importante specificare che la lavorazione del terreno è una delle tecniche con cui possiamo coltivare ma non è obbligatoria.

Esistono molteplici esperienze di agricoltura naturale che puntano a minimizzare le lavorazioni, arrivando a non effettuarne alcuna.

Ritroviamo questo nelle coltivazioni dei nativi americani e in tempi più recenti negli scritti di Emilia Hazelip, Ruth Stout e Masanobu Fukuoka, fino ad arrivare a esperienze dei giorni nostri, come il metodo Manenti e la coltivazione elementare proposta da Gian Carlo Cappello.

Articolo di Matteo Cereda. Foto di Filippo Bellantoni. Post sponsorizzato da Bertolini. 

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